Ottocento, Donne e guerra: Caterina Percoto

17 Marzo 2022

A proposito del rapporto tra Guerra, Donne e Letteratura, propongo una pagina su Caterina Percoto, tratta dal mio Narratrici italiane dell’Ottocento (Napoli, Federico e Ardia, 1987).

 

“Ed infine è sul tema della guerra che la Percoto scrive pagine indimenticabili. Intanto rappresenta, in vari racconti, l'assurda condizione della leva militare, che in quei luoghi e in quei tempi durava otto anni. Racconta e denuncia l'uso legale del “bottino” di guerra che alletta i giovani e costituisce la reale motivazione di adesioni, alle quali dunque vengono finalmente sottratti “orpelli” romantici e idealistici. Allude, lei religiosa, alle prediche in chiesa a favore della guerra, e infine rifiuta fino in fondo l'essenza stessa della guerra (1).

(…) Per comprendere a pieno l'importanza e la novità di queste pagine si pensi non solo ovviamente a tutta la retorica sulla divisa, sull'onore, etc... ma si pensi che anche altre scrittrici (per esempio la Paladini, la Tardy, etc.) hanno scritto della guerra senza osare fino in fondo intaccare il grande mito. E come potevano? In un tempo in cui la guerra è in certo senso ancora lontana dalle case, svolgendosi sui campi di battaglia, in trincea, le donne potevano solo ascoltare i racconti dei loro uomini, dei valorosi che tornavano a casa, dei feriti rispettati e glorificati da ogni parte (2). Le donne, dunque, in qualche modo credevano a quei racconti di eroismo e consideravano come “una debolezza femminile”, da repri­mere, il sentimento di pietà o di dolore che avvertivano a curare i feriti, a contare i morti, a vivere le assenze. Ma nei paesi, tra i contadini, la cosa è diversa. Lì le donne vivono la fame, la distruzione, i saccheggi, le perdite umane ed economiche, li la guerra non ha aloni romantici, non ci sono tenentini in divisa, ma poveri ragazzi, soldati con le scarpe sfondate. Così Caterina può capire la guerra, può odiarla, demistificarla, come nessuno aveva fatto prima. Ovviamente ciò avviene anche perché la Percoto fa le donne protagoniste delle sue storie, cioè perché introduce nella letteratura, non solo “gli umili”, ma “le donne” come “protagoniste”.

 

Nota 1) Nel racconto La fila leggiamo: “Intanto la musica avvisava che passavano i soldati. Le ragazze corsero preste a vederli. A passo militare, con a capo d'ogni compagnia i loro ufficiali sfilavano tutti coperti di polvere e stanchi e rifiniti dal lungo viaggio. (…) Essi marciavano (…) obbedienti ad un pensiero che certo ignoravano, o che almeno a loro non erasi manifestato se non come l'impulso che mette in moto la macchina. Povere pecore umane che si tosano e si scannano senza badare ai loro inutili belati! Povera carne da cannone che si adopera senza essere consultata!” (C. Percoto, Racconti, Firenze 1858, p, 253).

 

Nota 2) In effetti i pionieri della demistificazione della guerra spunteranno dopo la guerra del '15-18 (penso, tanto per fare dei nomi, a Remarque e, in certo senso, a Jahier di Con me e con gli alpini) benché poi saremo sommersi e schiacciati dal mito. (cfr. M. Isnenghi, // mito della grande guerra, Bari, Laterza, 1970).

 

 

 

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